mercoledì 29 maggio 2013

Nel mondo dei bambini tutti i quadri sono appesi troppo in alto. ( Stig Dagerman )





L’EQUAZIONE NEGATA

di  Ofelia Panico


Nella società odierna,  globalizzata e in transizione, siamo spettatori di grandi cambiamenti sociali e culturali. In questo scenario la famiglia, pur mantenendo la sua centralità, vive un momento di crisi e si ridefinisce in termini di composizione e di ruoli.  La psicologia pone molta attenzione al tema della genitorialità sia in termini di definizione di cosa significa oggi essere genitori, sia proponendo interventi col fine di accompagnare i genitori a  riflettere e sostenere i cambiamenti nella comprensione del proprio ruolo, nella qualità delle loro interazioni e scambi  coi propri figli, allo scopo ultimo di ottimizzare il percorso di sviluppo del bambino. Molti interventi sono improntati a modificare importanti aspetti del comportamento materno (es. accompagnamento alla nascita e al cambiamento di ruoli),  e del comportamento materno verso il figlio ( es. counseling psicologico, ect.),  incentrati sulla relazione fra i genitori (es. parent training), che sempre più frequentemente rimangono genitori ma non sono coppia. Con il passare degli anni le famiglie sono state sempre più divise da separazioni e divorzi; aumentano i genitori adolescenti e single, tutto ciò determina maggiori livelli di stress e tensione dei genitori e dei figli, e molto spesso  questo porta a richiedere interventi per aumentare la capacità di quest’ultimi nell’affrontare le sfide di tutti i giorni.

Il comportamento dei genitori, la situazione familiare in cui un bambino vive, possono essere un fattore di rischio per il bambino laddove non vengono pensati interventi volti a favorire  la riduzione di questi stressor e riconoscere  quali  sono i fattori protettivi presenti nell’ambiente familiare, la resilienza e valutare i fattori di vulnerabilità nel bambino.

Tutto ciò può portarci a formulare una domanda: quali sono le condizioni e  le relazioni che  rendono il bambino un piccolo esploratore del mondo?  Traducendo in termini psicologici e pedagogici quali sono i fattori protettivi che aiutano a sviluppare quelle  capacità e abilità nell’individuo per  raggiungere gli scopi desiderati  e la propria autorealizzazione.

Per ogni bambino sarebbe auspicabile creare attorno  a lui fin dalla nascita un clima caratterizzato da un ambiente accogliente e gratificante partendo proprio da un’elevata qualità relazionale fra gli adulti e fra il bambino stesso e gli adulti circostanti. Ciò significa che bisognerebbe mantenere un’attenzione costante e competente ai “segnali “ emotivi e affettivi che circolano all’interno del nucleo familiare, il genitore soddisfacendo i bisogni di sicurezza , di gratificazione e agendo in modo da alimentare  l’ autostima e il senso di autoefficacia  del figlio può favorire la crescita e lo sviluppo armonico del bambino.

In questa sede andremo ad approfondire la centralità del ruolo genitoriale nello sviluppo del bambino in termini di realizzazione della propria vita personale e in termini di capacità interpersonale riferendosi all’abilità di costruire e di gestire le proprie azioni, pensieri e sentimenti in modo adattativo e flessibile in base alle diverse varietà di contesto, sia sociale sia fisico. Un’autoregolazione ottimale contribuisce al benessere, al senso di autoefficacia e fiducia e ad un senso di coinvolgimento con gli altri. Tutto ciò ci introduce ad un altro degli aspetti centrali di questo lavoro che è il concetto di attaccamento introdotto da J. Bowlby secondo il quale le esperienze con le persone che ci accudiscono nei primi anni di vita plasmano le nostre capacità di amare e stringere relazioni. Diversamente dalla psicanalisi J. Bowlby ritiene l’impulso a “stare vicini” ad una persona significativa un bisogno umano fondamentale. La risposta di attaccamento è biologicamente programmata nella nostra specie per favorirne la sopravvivenza e oggi la psicologia preferisce definirlo come il legame affettivo che il bambino instaura con la propria figura di accudimento (caregiver). Il  sistema motivazionale rimane stabile per tutta la vita. Il Comportamento di Attaccamento, ossia qualunque forma di comportamento il cui scopo sia quello di mantenere il livello di vicinanza e protezione con il caregiver, porta alla costruzione  dei modelli  operativi interni (M.O.I.)  che sono delle rappresentazioni, che comprendono il Sé, l’altro e la relazione, ai fini della costruzione della propria realtà affettiva. I M.O.I guideranno l’individuo nella sua valutazione dell’esperienza, il suo comportamento di attaccamento, e lo renderanno capace di fare previsioni sul comportamento dell’altro.

I M.O.I. riflettono non tanto una rappresentazione reale ed obiettiva del genitore, quanto piuttosto la storia delle risposte affettive e delle disponibilità del genitore nei confronti delle richieste di sicurezza del bambino. Lo stile di attaccamento  è soggetto a mutazioni, tra gli elementi che possono essere responsabili dei cambiamenti nei modelli relazionali durante lo sviluppo si possono considerare gli eventi di vita negativi:

-perdita di un genitore

-divorzio

-malattia grave del genitore o del bambino che ne minaccia la sopravvivenza

-un disturbo psichiatrico del genitore

-l’abuso fisico o sessuale

Ma possono cambiare anche  nel corso delle diverse fasi della vita (ad es. l’adolescenza).

Un numero crescente di ricerche ha rivolto l’attenzione ai processi di trasmissione dei modelli di attaccamento tra genitore e figlio. Il modello operativo del genitore influenza le modalità di cura, i comportamenti e gli atteggiamenti verso i figli. Un adulto con attaccamento sicuro ad es., sarà in grado di percepire e comprendere i segnali del bambino senza operare distorsioni; un adulto insicuro dovrà ignorare o alterare alcuni segnali perché tendono a destabilizzare l’attuale organizzazione mentale delle proprie esperienze di attaccamento.

Questi due aspetti ci pongono davanti ad una ulteriore riflessione: quale significato assume essere e diventare genitori oggi in condizioni di separazioni e divorzi? Si parla infatti di bigenitorialità, intendendo il diritto del minore  a mantenere rapporti affettivi con entrambi i genitori. Ciò è stato regolamentato  con la legge sull’affidamento condiviso e congiunto mentre quello esclusivo va adeguatamente motivato (perché contro l’interesse del minore, es. genitore con denuncia di abuso…). Ciò andrebbe a favorire il corretto sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino se partiamo dalla premessa che la presenza di entrambi i genitori garantisce  uno sviluppo più armonico del figlio e che in circostanze di divorzio e separazione  salta la coppia ma non il ruolo genitoriale. Il bambino non dovrebbe essere oggetto di manipolazioni e forme di ricatto per colpire il partner, nel 90 % dei casi è la mamma ad operare questa manipolazione. Il conflitto della coppia non dovrebbe tradursi in una guerra che coinvolge l’intera famiglia, sarebbe auspicabile non abbandonare il mestiere del genitore e questo lo si può  fare gestendo un conflitto in maniera costruttiva e non distruttiva, continuando ad essere autorevoli, a prestare ascolto all’altro, offrendo al figlio la propria presenza e mantenendo uno spirito di  CONDIVISIONE. I genitori potrebbero dare continuità al progetto educativo pensato per il proprio figlio seppure in condizioni di separazione. Ma non sono infrequenti le difficoltà nella gestione del bambino tra i genitori e  le separazioni ad alta conflittualità che si traducono in una guerra senza frontiere dove il bambino diventa all’improvviso OGGETTO di rivendicazione abbandonando lo stato di diritto. Si arriva fino al rifiuto totale e permanente del soggiorno presso uno dei due genitori, di solito il padre. Circa 20 anni fa Richard Gardner, psichiatra nord-americano, diede un’identità ufficiale a queste situazioni, note da molto tempo, chiamandole « PAS » , sindrome  da alienazione genitoriale intendendo la denigrazione non oggettiva e passionale del genitore contestato (GR, genitore rifiutato) e dei suoi alleati da parte del bambino, a causa del condizionamento determinante del genitore presso il quale il bambino vive (GC, genitore custode) e dei suoi alleati. Il bambino sarebbe incapace di avere un pensiero personale, nonostante affermi il contrario. Alcuni seguaci di Gardner hanno separato la definizione clinica da ogni legame eziologico (J.Kelly, 2001). La conseguenza è che quando un bambino denigra un genitore in modo sproporzionato rispetto alla realtà e non vuole incontrarlo, ci troveremmo di fronte a un caso di PAS, qualunque sia il sistema delle responsabilità in gioco. Oggi tale sindrome non  trova la sua dignità scientifica e non viene inserito nel DSM- V. Ciò non toglie che in alcuni casi di separazione si osserva un insieme di comportamenti che tendono nella direzione della PAS, si parla infatti di Fenomenologia di Esclusione dei Genitori.

Dal punto di vista psicologico sarebbe auspicabile andare sempre a valutare il tipo di attaccamento sviluppato dal bambino e la qualità dei rapporti instaurati con gli adulti presenti nella sua vita relazionale. Bisogna smettere di pensare che il bambino non abbia un suo pensiero. Anche se influenzato direttamente o indirettamente, anche se è desideroso di conformarsi all’uno o all’altro genitore, se non ha sviluppato un falso sé, se sollecitato e accompagnato può  essere in grado di esprimere una sintesi personale: bisogna quindi considerarlo come un interlocutore valido e spiegarsi con lui allo stesso modo di come fa con i suoi genitori. Bisogna vigilare e promuovere l’opportunità che  ognuno dei genitore mantenga dei buoni contatti con il bambino e che nessuno venga demonizzato. Nella direzione di prevenire fenomenologie di esclusione del genitore è importante che tutti gli attori, operatori sociali e del tribunale collaborino in modo tenace per ristabilire il dialogo tra i genitori, anche sotto costrizione, per mantenere dei contatti e delle relazioni armoniose tra bambino ed entrambi i genitori negando l’equazione Papà + Mamma= Genitori.

 .                                                                                                        Dott.ssa Ofelia Panico

Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo – Comportamentale

ofeliapan@libero.it    ofeliapanico.psy@gmail.com

cell. 393 43 74 116

 

Riferimenti Bibliografici:

  • - Gardner, R.A.(1999), Family Therapy of the Moderate Type of parental Alienation Syndrome. The American Journal of Family Therapy, 27(3):195-212.
  • John Bowlby, Una base sicura. Applicazione cliniche della teoria dell’attaccamento. Ed. Cortina Raffaello
  • Ainsworth, M., MC Blehar, E. Waters, e S. parete. Patterns of Attachment: A Psychological Study of the Strange Situation. Pattern di attaccamento: uno studio psicologico della Strange Situation. Hillsdale, NJ: Erlbaum, 1978. Hillsdale, NJ: Erlbaum, 1978.
  •  J.D. Siegel, Hartzell Mary,Errori da non ripetere. Come la conoscenza della propria storia aiuta ad essere genitore, . 2005, ed.  Cortina Raffaello
  • J.D. Siegel, La mente relazionale . Neurobiologia dell'esperienza interpersonale., 2001, Cortina Raffaello
  • Thomas Gordon, Genitori Efficaci, ed. La Meridiana Edizioni
  • Daniel Golemann, L’intelligenza emotiva, ed. Bur Biblioteca Universale Rizzoli