L’EQUAZIONE NEGATA
di Ofelia Panico
Nella società odierna, globalizzata e in transizione, siamo
spettatori di grandi cambiamenti sociali e culturali. In questo scenario la
famiglia, pur mantenendo la sua centralità, vive un momento di crisi e si
ridefinisce in termini di composizione e di ruoli. La psicologia pone molta attenzione al tema
della genitorialità sia in termini di definizione di cosa significa oggi essere
genitori, sia proponendo interventi col fine di accompagnare i genitori a riflettere e sostenere i cambiamenti nella
comprensione del proprio ruolo, nella qualità delle loro interazioni e
scambi coi propri figli, allo scopo
ultimo di ottimizzare il percorso di sviluppo del bambino. Molti interventi
sono improntati a modificare importanti aspetti del comportamento materno (es.
accompagnamento alla nascita e al cambiamento di ruoli), e del comportamento materno verso il figlio (
es. counseling psicologico, ect.),
incentrati sulla relazione fra i genitori (es. parent training), che
sempre più frequentemente rimangono genitori ma non sono coppia. Con il passare
degli anni le famiglie sono state sempre più divise da separazioni e divorzi;
aumentano i genitori adolescenti e single, tutto ciò determina maggiori livelli
di stress e tensione dei genitori e dei figli, e molto spesso questo porta a richiedere interventi per
aumentare la capacità di quest’ultimi nell’affrontare le sfide di tutti i
giorni.
Il
comportamento dei genitori, la situazione familiare in cui un bambino vive,
possono essere un fattore di rischio per il bambino laddove non vengono pensati
interventi volti a favorire la riduzione
di questi stressor e riconoscere quali sono i fattori protettivi presenti
nell’ambiente familiare, la resilienza e valutare i fattori di vulnerabilità
nel bambino.
Tutto ciò può portarci a formulare
una domanda: quali sono le condizioni e
le relazioni che rendono il
bambino un piccolo esploratore del mondo?
Traducendo in termini psicologici e pedagogici quali sono i fattori
protettivi che aiutano a sviluppare quelle
capacità e abilità nell’individuo per raggiungere gli scopi desiderati e la propria autorealizzazione.
Per ogni bambino sarebbe auspicabile
creare attorno a lui fin dalla nascita
un clima caratterizzato da un ambiente accogliente e gratificante partendo
proprio da un’elevata qualità relazionale fra gli adulti e fra il bambino
stesso e gli adulti circostanti. Ciò significa che bisognerebbe mantenere
un’attenzione costante e competente ai “segnali “ emotivi e affettivi che
circolano all’interno del nucleo familiare, il genitore soddisfacendo i bisogni
di sicurezza , di gratificazione e agendo in modo da alimentare l’ autostima e il senso di autoefficacia del figlio può favorire la crescita e lo
sviluppo armonico del bambino.
In questa sede andremo ad approfondire la
centralità del ruolo genitoriale nello sviluppo del bambino in termini di
realizzazione della propria vita personale e in termini di capacità
interpersonale riferendosi all’abilità di costruire e di
gestire le proprie azioni, pensieri e sentimenti in modo adattativo e
flessibile in base alle diverse varietà di contesto, sia sociale sia fisico.
Un’autoregolazione ottimale contribuisce al benessere, al senso di
autoefficacia e fiducia e ad un senso di coinvolgimento con gli altri. Tutto ciò ci introduce ad un altro degli
aspetti centrali di questo lavoro che è il concetto di attaccamento introdotto da J. Bowlby
secondo il quale le esperienze con le persone che ci accudiscono nei primi
anni di vita plasmano le nostre capacità di amare e stringere relazioni. Diversamente dalla psicanalisi J. Bowlby ritiene l’impulso a
“stare vicini” ad una persona significativa un bisogno umano fondamentale. La risposta di attaccamento è biologicamente programmata
nella nostra specie per favorirne la sopravvivenza e oggi la psicologia
preferisce definirlo come il legame
affettivo che il bambino instaura con la propria figura di accudimento (caregiver). Il sistema motivazionale rimane stabile per tutta
la vita. Il Comportamento di Attaccamento, ossia qualunque forma di
comportamento il cui scopo sia quello di mantenere il livello di vicinanza e
protezione con il caregiver, porta alla costruzione dei modelli operativi interni (M.O.I.) che sono delle rappresentazioni, che comprendono il Sé, l’altro e la relazione,
ai fini della costruzione della propria realtà affettiva. I M.O.I guideranno
l’individuo nella sua valutazione dell’esperienza, il suo comportamento di
attaccamento, e lo renderanno capace di fare previsioni sul comportamento
dell’altro.
I M.O.I. riflettono non tanto
una rappresentazione reale ed obiettiva del genitore, quanto piuttosto la
storia delle risposte affettive e delle disponibilità del genitore nei
confronti delle richieste di sicurezza del bambino. Lo stile di attaccamento è soggetto a mutazioni, tra gli elementi che
possono essere responsabili dei cambiamenti nei modelli relazionali durante lo
sviluppo si possono considerare gli eventi di vita negativi:
-perdita di un genitore
-divorzio
-malattia grave del genitore o del
bambino che ne minaccia la sopravvivenza
-un disturbo psichiatrico del
genitore
-l’abuso fisico o sessuale
Ma possono cambiare anche nel corso delle diverse fasi della vita (ad
es. l’adolescenza).
Un numero crescente di ricerche ha
rivolto l’attenzione ai processi di trasmissione dei modelli di attaccamento
tra genitore e figlio. Il modello operativo del genitore influenza le modalità
di cura, i comportamenti e gli atteggiamenti verso i figli. Un adulto con attaccamento
sicuro ad es., sarà in grado di percepire e comprendere i segnali del bambino
senza operare distorsioni; un adulto insicuro dovrà ignorare o alterare alcuni segnali
perché tendono a destabilizzare l’attuale organizzazione mentale delle proprie esperienze
di attaccamento.
Questi due aspetti ci pongono davanti ad una ulteriore riflessione: quale
significato assume essere e diventare genitori oggi in condizioni di
separazioni e divorzi? Si parla infatti di bigenitorialità, intendendo il diritto del
minore a mantenere rapporti affettivi
con entrambi i genitori. Ciò è stato regolamentato con la legge sull’affidamento condiviso e
congiunto mentre quello esclusivo va adeguatamente motivato (perché contro
l’interesse del minore, es. genitore con denuncia di abuso…). Ciò
andrebbe a favorire il corretto sviluppo cognitivo ed emotivo del bambino se
partiamo dalla premessa che la presenza di entrambi i genitori garantisce uno sviluppo più armonico del figlio e che in
circostanze di divorzio e separazione salta
la coppia ma non il ruolo genitoriale. Il bambino non dovrebbe essere oggetto
di manipolazioni e forme di ricatto per colpire il partner, nel 90 % dei casi è
la mamma ad operare questa manipolazione. Il conflitto della coppia non
dovrebbe tradursi in una guerra che coinvolge l’intera famiglia, sarebbe
auspicabile non abbandonare il mestiere del genitore e questo lo si può fare gestendo un conflitto in maniera
costruttiva e non distruttiva, continuando ad essere autorevoli, a prestare
ascolto all’altro, offrendo al figlio la propria presenza e mantenendo uno
spirito di CONDIVISIONE. I genitori
potrebbero dare continuità al progetto educativo pensato per il proprio figlio
seppure in condizioni di separazione. Ma non sono infrequenti le
difficoltà nella gestione del bambino tra i genitori e le separazioni ad alta
conflittualità che si traducono in una guerra senza frontiere dove il bambino
diventa all’improvviso OGGETTO di rivendicazione abbandonando lo stato di
diritto. Si arriva fino al rifiuto totale e permanente del soggiorno presso uno
dei due genitori, di solito il padre. Circa 20 anni fa Richard Gardner, psichiatra
nord-americano, diede un’identità ufficiale a queste situazioni, note da molto
tempo, chiamandole « PAS » , sindrome da alienazione genitoriale intendendo la denigrazione
non oggettiva e passionale del genitore contestato (GR, genitore rifiutato) e
dei suoi alleati da parte del bambino, a causa del condizionamento determinante del genitore presso il quale il
bambino vive (GC, genitore custode) e dei suoi alleati. Il bambino sarebbe incapace di avere un
pensiero personale, nonostante affermi il contrario. Alcuni seguaci di
Gardner hanno separato la definizione clinica da ogni legame eziologico
(J.Kelly, 2001). La conseguenza è che quando un bambino denigra un genitore in
modo sproporzionato rispetto alla realtà e non vuole incontrarlo, ci troveremmo
di fronte a un caso di PAS, qualunque sia il sistema delle responsabilità in
gioco. Oggi tale sindrome non trova la
sua dignità scientifica e non viene inserito nel DSM- V. Ciò non toglie che in
alcuni casi di separazione si osserva un insieme di comportamenti che tendono
nella direzione della PAS, si parla infatti di Fenomenologia di Esclusione dei
Genitori.
Dal punto di vista psicologico sarebbe auspicabile
andare sempre a valutare il tipo di attaccamento sviluppato dal bambino e la
qualità dei rapporti instaurati con gli adulti presenti nella sua vita relazionale.
Bisogna smettere di pensare che il bambino non abbia un suo pensiero. Anche se
influenzato direttamente o indirettamente, anche se è desideroso di conformarsi
all’uno o all’altro genitore, se non ha sviluppato un falso sé, se sollecitato
e accompagnato può essere in grado di esprimere
una sintesi personale: bisogna quindi considerarlo come un interlocutore valido
e spiegarsi con lui allo stesso modo di come fa con i suoi genitori. Bisogna
vigilare e promuovere l’opportunità che ognuno
dei genitore mantenga dei buoni contatti con il bambino e che nessuno venga
demonizzato. Nella direzione di prevenire fenomenologie di esclusione del
genitore è importante che tutti gli attori, operatori sociali e del tribunale collaborino
in modo tenace per ristabilire il dialogo tra i genitori, anche sotto
costrizione, per mantenere dei contatti e delle relazioni armoniose tra bambino ed
entrambi i genitori negando l’equazione Papà + Mamma= Genitori.
. Dott.ssa
Ofelia Panico
Psicologa Psicoterapeuta Cognitivo –
Comportamentale
ofeliapan@libero.it ofeliapanico.psy@gmail.com
cell. 393 43 74 116
Riferimenti Bibliografici:
- - Gardner, R.A.(1999), Family Therapy of the Moderate Type of parental
Alienation Syndrome. The American Journal of Family Therapy, 27(3):195-212.
- John Bowlby, Una base sicura. Applicazione cliniche della teoria
dell’attaccamento. Ed. Cortina Raffaello
- Ainsworth, M.,
MC Blehar, E. Waters, e S. parete. Patterns
of Attachment: A Psychological Study of the Strange Situation. Pattern di attaccamento: uno studio psicologico
della Strange Situation. Hillsdale, NJ:
Erlbaum, 1978. Hillsdale, NJ: Erlbaum, 1978.
- J.D.
Siegel, Hartzell Mary,Errori da non ripetere. Come la conoscenza della
propria storia aiuta ad essere genitore, . 2005, ed. Cortina Raffaello
- J.D. Siegel, La mente relazionale . Neurobiologia
dell'esperienza interpersonale.,
2001, Cortina Raffaello
- Thomas Gordon, Genitori Efficaci, ed. La Meridiana
Edizioni
- Daniel Golemann, L’intelligenza emotiva, ed. Bur
Biblioteca Universale Rizzoli
