Le emozioni sono processi mentali per lo più ’’inconsci’’, che hanno come scopo essenziale quello di creare uno stato di tendenza all’azione, e di prepararci a reagire con determinati comportamenti a particolari stimoli ambientali (D.J. Siegel, 1999). In maniera estremamente sintetica si può affermare che ogni emozione ci informa su uno stato mentale e ci consente di agire ed interagire con l’ambiente. La cultura occidentale e consumistica ci induce ha pensare che l’unico stato emotivo “utile” è quello della gioia, .in quest’ottica prendiamo distanza dalle cosidette emozioni negative, per provarne solo di positive. Dal punto di vista piscologico scopriamo che tutte le “emozioni” sono funzionali e ci consentono di raggiungere i nostri scopi esistenziale e di entrare in relazione con l’altro. Il malessere si sperimenta quando un’emozione “supera i limiti della finestra di tolleranza e travolge le capacità di pensiero razionale, di flessibilità di risposta e di autoriflessione, quando una persona ha la sensazione di aver perso il controllo (D.J.Siegel 2001).
Brevemente, andremo a prendere in esame alcune emozioni facendo riferimento al loro significato cognitivo.
• Gioia
• Tristezza
• Rabbia
• Disgusto
• Colpa
• Vergogna
• Paura
• Empatia
Quando una persona prova gioia? Aristotele ritenenva che la felicità discende dalla pratica delle virtù. In quest’ottica per essere felici bisogna essere congruenti con i propri valori. Dal punto di vista cognitivo, in generale, proviamo gioia, felicità, contentezza quando raggiungiamo scopi importanti per noi, o riteniamo che saranno raggiunti, più è probabile che ciò si verifichi, più è imminente, più alto è il valore dello scopo, più sarà intensa l’emozione che sperimenteremo es. a molti di noi è capitato di aver avuto un primo appuntamento, un buon risultato scolastico per i più giovani, abbiamo provato un forte stato di gioia che ha comportato un’ attivazione fisiologica significativa, ci siamo sentiti energici e dinamici, los tesso tono della voce diventa squillante e sonoro.
Uno stato di forte gioia è rappresentato dall’euforia, ossia la percezione della promessa di beni grandi ma non definiti, il valore positivo non è definito ma si intuisce comunque grande (es. il matrimonio, la vincita alla lotteria).
Possiamo immaginare la nostra vita priva di sofferenza? Pensiamo ad esperienze come il lutto, la separazion. la perdita del lavoro, una mancata promozione, un problema di saluta e così via se possiamo pensare di viverle senza sperimentare sofferenza e dolore. Quando proviamo tristezza? Quando riteniamo che uno o più scopi importanti siano compromessi in modo irreversibile, insostituibile, ingiusto e dunque inaccettabile. Dato un continuum di gravità, ad una estremità troviamo l’umore depresso, caratterizzato da una visione negativa di sé, del mondo e del futuro (A.Beck, 2000). Quando siamo tristi siamo rallentati a livello psicomotorio, il tono della voce si assottuglia e c’è un livello di energia generale basso. Se sono giù di corda e sono tendenzialmente pessimista sul mio futuro e penso di essere “un incapace” tenderò a ricordare tutti gli eventi che confermano questa mia visione del mondo ed il mio umore risulterà ancora più depresso.
La rabbia è un’emozione che quando si traduce in comportamento spesso compromette la relazione con l’altro, poiché la rabbia si traduce in attacchi che possono essere verbali e comportamentali. Proviamo Rabbia quando assumiamo di aver subito un torto, vale a dire un danno ingiusto e che sia possibile ’’contracambiare’’ e/o segnalare il proprio disappunto. Quando la rabbia viene agita, si traduce in un comportamento aggressivo. Possiamo riportare innumerevoli esempi.guida dell’auto, in fila alle poste, un torto subito a lavoro, ecc. I segnali fisologici sono visibili come alla : rossore, voce alta, tensione mandibolare, tremo, tendenza all’azione, ecc . Spesso la rabbia è seguita dal senso di colpa, dato che come accennato la rabbia è un’emozione rapida e veloce, quando l’agiamo focalizziamo l’attenzione sull’aggressore perdendo di vista altre variabili, per esempio le conseguenze della rabbia che valutiamo solo successivamente. Si instaura un circolo vizioso di questo tipo :Rabbia, mi sento in colpa, mi sento cattivo, rabbia. Gli altri meccanismi circolari che entrano in gioco nella rabbia sono il ciclo interpersonale che si autoalimenta: una persona che si arrabbia spesso, innesca negli altri reazioni aggressive e gli aspetti cognitivi intrapsichici:affect as information(ragionamento emozionale). Se sono arrabbiato allora vuol dire che c’è un torto subito.
Il disgusto è un’emozione che sorveglia i confini del sé corporeo (Mancini, 1998) ed è stata definita come una repulsione alla prospettiva di una incorporazione orale di una sostanza dannosa o offensiva. Il disgusto, come tutte le emozioni basiche ha una serie di caratteristiche: un’ espressione facciale tipica, uno specifico pattern comportamentale: la predisposizione all’azione, ossia allontanare da sé la sostanza disgustosa, una caratteristica manifestazione fisiologica che comprende: nausea, incremento della risposta psico-galvanica, bradicardia e salivazione e un feeling caratteristico: repulsione (Rozin e Fallon, 1987). Ciò significa che proviamo disgusto dinanzi a cibi che non ci piacciono es. la trippa,o non ci appartengono, es. le locuste fritte, di fronte a scarafaggi, ragni, escrementi e così via.. Ma esiste una forma di disgusto che proviamo dinanzi ad azioni e situazioni dalle quali desideriamo mantenere una distanza tutta psicologica, si tratta di situazioni che sentiamo come minaccia alla nostra dignità. Per dignità personale si intende quando ci si ritiene degni di appartenere ad un gruppo specifico o ad uno astratto, ossia, all’umanità (F. Mancini, A. Gragnani, 2003) La contaminazione da parte del disgustoso non è, dunque, l’unico modo con cui si può perdere il senso della propria dignità, la si può perdere anche per immoralità, ad es. per un tradimento, o per perdita di capacità.
Quando proviamo il senso di Colpa pensiamo di aver causato, tramite una nostra azione/omissione, un danno ingiusto o aver disatteso una regola etica e che avremmo potuto agire diversamente. Ad es. un mamma può provare colpa quando passa molto tempo a lavoro e non si occupa dei figli, si può provare colpa dopo aver mangiato una doppia razione di torta e si è a dieta, oppure dopo aver risposto con aggressività in una discussione, ecc. Possiamo notare come, a secondo di come la persona si è comportata il senso di colpa può essere di due tipi con causa e senza causa, quello con causa consiste in un senso di colpa nel quale mi attribuisco intenzionalità all’azione(vissuta come più grave rispetto alle altre forme), quello senza causa è senza intenzionalità (in cui è presente solo l’atteggiamento di auto rimprovero per omissioni o azioni).. Un caso particolare di colpa è quella del sopravvissuto, nel quale esiste la vittima, esiste il danno ma non c’è nesso di causalità tra i due, la colpevolezza è dell’essere sopravvissuto, alla base di questo tipo di senso di colpa c’è il confronto tra le fortune e le sfortune proprie e della vittima. Questo tipo di senso di colpa è subdolo e molto difficile da riconoscersi, in genere questo senso di colpa ha la caratteristica di essere auto logorante, un es. sono i sopravvissuti ad un disastro possono sperimentarla rispetto alle vittime.
La vergogna, come il senso di colpa è considerata un’emozione sociale, in cui l’individuo percepisce una sensazione di carenza e manchevolezza rispetto ad uno standard socialmente condiviso. Quante volte sentiamo parlare di timidezza, imbarazzo o pudore? Possiamo provarla banalmente dinanzi al nostro innamorato, quando facciamo una gaffe, quando dobbiamo rivolgerci ad un estraneo, ecc. La vergogna sorveglia la nostra buona immagine e si attiva quando riteniamo che sia compromessa, la funzione della vergogna allora è attivare alcune reazioni utili a restaurarla. Il giudizio espresso è quello di mancanza di potere e non è necessariamente negativo (senso di colpa), infatti ci si può vergognare anche delle lodi perché pensate immeritate o per paura di vanagloria e vanitosità; può anche accadere di vergognarsi per altre persone, ad es. se il mio capo appare inadeguato nella performance. Il disvelamento della vergogna riguarda il fatto che nel momento di vergogna qualcun altro sta scoprendo i nostri punti deboli. La vergogna presenta segnali fisici come il rossore specifico sulle orecchie, sulle gote e sul collo. La funzione della vergogna è quella di ottenere una pacificazione e la benevolenza, captatio benevolentiae.
L’“ansia/paura” segnalano la presenza di un pericolo in cui lo scopo compromesso è la sopravvivenza dell’individuo. Se per Es. mentre attraverso la strada, una macchina suona per avvisarmi che sta per arrivare, la paura che provo in quel momento mi consente di fermarmi e mettermi al sicuro. Sono considerate un’unica emozione perché entrambe segnalano la presenza di un pericolo e tutelano la nostra sopravvivenza ma la paura è una reazione di allarme ad un pericolo reale e ben identificabile l’ansia è una sensazione di attesa di qualcosa di indefinito o un’irrequietezza psichica. Ciò che spaventa e minaccia non è un pericolo reale ed identificabile, ma potenziale come il timore di perdere una persona cara, il proprio benessere fisico, di non essere all’altezza delle situazioni ecc.
Da quanto letto finora è emerso quanto le emozioni abbiano una funzione sociale, non solo ci informano sui nostri stati mentali, ma ci consentono di percepire gli stati mentali degli altri. L’empatia è la capacità di comprendere elementi della mente dell’altro, è una dimensione fondamentale dell’esperienza umana poiché ci consente di metterci in comunicazione emotiva con l’altro aumentando il senso di appartenenza e riducendo la distanza emotiva.
Concludendo, possiamo parlare di emozioni e delle loro funzioni senza necessariamente ritenerle positive o negative, ognuna di loro serve a mantenere il nostro benessere ed equilibrio psicologico. Quando un’emozione viene vissuta in maniera pervasiva a discapito delle altre possiamo chiederci cosa sta accadendo al nostro sistema psicologico e ritrovare quella flessibilità emotiva necessaria per mantenere un buona qualità della vita.
Dott.ssa Ofelia Panico
Psicologa Psicopterapeuta cognitivo-comportamentale
